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CAPITOLO VIII

PROPRIETA’ OTTICHE DEI VETRI

 

La Trasparenza nei vetri

La propagazione della luce (o di ogni altra forma di radiazione elettromagnetica ) in un solido è un processo complesso che coinvolge non solo la trasmissione del raggio incidente ma anche la re-irradiazione del raggio da parte della struttura elettronica del solido.

La combinazione di fenomeni di riflessione e trasmissione spiega la minore velocità della luce nei solidi rispetto ad un mezzo gassoso od al vuoto.

Possiamo dire che un materiale solido apparirà trasparente se non vi sono processi che competono con la trasmissione della luce sia attraverso l’assorbimento della luce o lo scattering in altre direzioni.

Nel silicio puro ad esempio c’è un forte processo di assorbimento. La luce incidente è assorbita da elettroni che si spostano da uno stato energetico ad un altro superiore (fenomeno conosciuto come transizione banda-banda).

Un vetro costituito ad esempio da silice pura dal momento che gli elettroni sono fortemente localizzati non possiede questa struttura a bande, e poiché l’interazione tra fotoni del raggio luminoso e gli elettroni del materiale è alla base del fenomeno della trasparenza i vetri appariranno trasparenti; al contrario, in materiali semiconduttori o metallici dove gli elettroni sono liberi di muoversi nelle bande di valenza si ha una forte interazione di questi ultimi con i fotoni incidenti ed i materiali risultano così opachi.

In particolare questo meccanismo spiega la tipica lucentezza delle superfici metalliche: i metalli infatti riflettono la luce senza trasmetterla a causa della grande quantità di elettroni liberi nella banda di conduzione, questi elettroni reirradiano la luce in direzione opposta (riflessione) ma interferiscono con questa nella direzione di marcia impedendone la trasmissione.

Anche la diffrazione della luce può rendere un materiale opaco. Un materiale che appare omogeneo ad occhio nudo è in effetti costituito da regioni cristalline (comunemente chiamate cristalliti o grani) nelle quali gli atomi o le molecole sono disposti in maniera ordinata in base alla loro struttura cristallina.

Se la distanza tra i bordi dei grani (grain boudaries) è inferiore a quella della più corta lunghezza d’onda della radiazione visibile (ovvero se l’indice di rifrazione del materiale è uniforme rispetto alla luce incidente) allora il materiale appare trasparente.

Ogni interfaccia tende quindi a diffrangere la luce incidente ma se le regioni sono abbastanza piccole (inferiori alla lunghezza d’onda della luce incidente) allora la luce le attraversa senza interazioni.

Il vetro non è un solido cristallino e non ha al suo interno bordi grano (al contrario ad esempio della sabbia) e quindi appare trasparente, nei vetri non colorati gli elettroni sono più localizzati negli orbitali di legame tra Si ed O e quindi non si hanno interazioni tra i fotoni e gli elettroni liberi.

Se i vetri contengono metalli della serie della transizione ci saranno invece elettroni più facilmente eccitabili dalla radiazione luminosa di minore energia, per questo presentano assorbimenti anche nello spettro visibile apparendo colorati.

I vetri comuni diventano opachi per radiazioni luminose di lunghezza d’onda superiore a 5000 Å (raggi infrarossi) a causa dell’interazione dei fotoni di bassa energia con gli stati vibrazionali dei legami Si-O. (Figura 1)§ 6.6a.

 

Fig. 1

 

Nella figura 1 è riportata la trasparenza che è l’inverso della assorbanza, si noti inoltre che a causa della riflettività della superficie del vetro la curva non arriva al 100%.

L’assorbimento della luce nell’ultravioletto dipende principalmente dall’interazione della luce con gli atomi di ossigeno della struttura vetrosa: più questi sono debolmente legati e maggiore è l’assorbimento (figura 2 § 6.6b) per questo motivo mentre un vetro di SiO2 pura rimane trasparente a radiazioni luminose di 200 nm di lunghezza d’onda (1) l’introduzione di elementi modificatori di reticolo come il sodio che causano un aumento di ossigeni non bridging più facilmente eccitabili, fa notevolmente alzare questa soglia (3).

 

Fig.2 § 6.6b

 

 

Si noti anche il ruolo importante che giocano in questo caso le impurezze presenti: bastano infatti tracce (poche parti per milione!) di metalli della transizione (con molti elettroni negli strati elettronici esterni) per innalzare drasticamente il limite di assorbimento della radiazione UV.(2-4).

 

I MECCANISMI DI INTERAZIONE DELLA RADIAZIONE LUMINOSA CON I VETRI

 

Si può definire la luce bianca come una miscela di radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda l compresa approssimativamente tra 400 nm (blu) e 700 nm (rosso). La distribuzione delle intensità nello spettro elettromagnetico della radiazione visibile del sole come viene misurata sulla terra è molto simile a quella caratteristica della emissione di corpo nero a circa 6000°C.(Figura 3).

Nota : Il corpo nero si può definire come una sostanza ideale che assorbe ed emette radiazioni in tutte le lunghezze d’onda senza privilegiarne alcuna, nel corpo nero ideale lo spettro della radiazione dipende solo dalla temperatura.

Fig.3

Nello schema riportato sotto vengono schematizzate le tre fondamentali interazioni della radiazione elettromagnetica con la materia:

1) Riemissione di radiazione senza variazione di frequenza n

2) Assorbimento sotto forma di agitazione termica

3) Riemissione di radiazione con variazione di frequenza n (più bassa) di fluorescenza

 

Per la meccanica quantistica si ha che allorché un atomo nel suo stato fondamentale è esposto alla radiazione di frequenza n tale che l’energia del fotone incidente sia eguale alla differenza di energia DE tra uno stato eccitato e quello fondamentale allora l’atomo "assorbe" il fotone e passa nel corrispondente stato eccitato. In questa situazione l’atomo è instabile e ricade velocemente allo stato di energia inferiore riemettendo un fotone di energia uguale alla DE, in questo caso si dice che la radiazione è in risonanza con l’atomo.

In effetti per la visione è molto più importante considerare come reagisce un atomo sottoposto a radiazioni di qualsiasi frequenza e quindi non risonanti.

A tal proposito conviene considerare il modello dell’elettrone oscillante per il quale il sistema atomo-elettrone in risonanza con la radiazione elettromagnetica incidente è associato ad un oscillatore con l’elettrone che vibra con frequenze caratteristiche v0 tali che esse corrispondano al salto quantico tra lo stato fondamentale e stati di energia maggiore.

Ad ogni frequenza è anche associata un intensità che è la misura della probabilità che la transizione avvenga : la prima transizione dallo stato fondamentale è anche quella che ha la massima intensità.

Il modello dell’elettrone oscillante è utile anche perché introducendo un coefficiente di attrito che provoca una perdita di energia al sistema si può agevolmente descrivere la trasformazione dell’energia vibrazionale in altra forma di energia, infatti atomi eccitati nei solidi o nei liquidi trasferiscono la loro energia di eccitazione principalmente ai moti di agitazione termica all’interno del materiale, a differenza di quanto accade nel caso di un gas rarefatto essi hanno infatti solo una probabilità molto piccola di ritornare allo stato fondamentale per emissione di un quanto di luce.

Se consideriamo l’interazione tra la radiazione elettromagnetica e gli elettroni degli strati atomici di valenza si osserva che essa induce in questi ultimi (o meglio nella nuvola elettronica dell’atomo) una vibrazione di ampiezza corrispondente a quella degli oscillatori ed estremamente piccola, pari a » 10-17 metri ( 1% del raggio atomico) che è la responsabile della riemissione di radiazione elettromagnetica (visibile) grazie alla quale possiamo vedere gli oggetti.

Fig.4












schema del meccanismo della riemissione della luce da parte di un atomo gassoso senza variazione della frequenza

 

 

 

Nei confronti di una radiazione policromatica quale è quella della luce visibile il moto di uno oscillatore è la sovrapposizione dei moti causati da ciascuna frequenza della radiazione presa singolarmente ; un’onda elettromagnetica di frequenza v che investe un oscillatore esercita una forza periodica che induce risposte caratteristiche, il campo elettrico periodico induce una vibrazione che ha la stessa frequenza v e non la frequenza propria dell’oscillatore v0.

L'ampiezza e la fase del moto dipendono dai valori relativi di v ed v0 : se v< < v0 l’oscillazione è debole ed in fase con la forza elettrica impressa dalla radiazione visibile mentre se v> > v0 l’oscillazione è debole ma in opposizione di fase con la forza impressa (figura 5).

Fig.5

 

Se w = w0 e quindi il sistema si trova nella condizione di risonanza l’oscillazione risultante è intensa e sfasata, quando la forza impressa è massima l’oscillazione indotta è nulla.

Quando w << w0 l'ampiezza dell’oscillazione indotta è piccola ma praticamente indipendente dalla frequenza impressa w mentre quando w >> w0 l’ampiezza diminuisce all’aumentare di w in modo inversamente proporzionale al suo quadrato (figura 6).

Fig. 6

La maggior parte degli atomi semplici (H,C,N,O) hanno ad esempio risonanze a frequenze maggiori di quella della luce visibile situate quindi nell’ultravioletto mentre le molecole od i gruppi strutturali del vetro come O-Si-O possiedono anche dei moti propri vibrazionali con frequenze bassissime molto più piccole di quelle della luce visibile e situate perciò nella regione infrarossa dello spettro ; le molecole semplici come H2, H2O, CO2, O2 ed i vetri hanno risonanze quindi nell’IR e nell UV ma non nella regione visibile dello spettro nella quale sono trasparenti alla luce.

Le nostre molecole od i legami a ponte Si-O-Si possono essere rappresentati da due tipi di oscillatori : uno che rappresenta le risonanze ultraviolette , una sorta di "oscillatore pesante " per il quale la massa della carica oscillante è uguale alla massa degli atomi che oscillano, e l’altro che rappresenta le risonanze infrarosse dovute a moti vibrazionali delle molecole o dei gruppi atomici (bending e stretching del Si-O-Si).

Effetto Tyndall

Una delle conseguenze più significative dell’effetto Tyndall è rappresentata dalla colorazione azzurra del cielo: essa è infatti causata principalmente dalla azione della luce solare sulle molecole di O2 ed N2 della atmosfera.

Sia gli oscillatori IR che UV sono messi in vibrazione dalla luce tuttavia l’ampiezza degli oscillatori IR sarà molto minore di quella degli oscillatori UV a causa della maggiore massa vibrante quindi per quanto visto prima (figura 6) possiamo considerare solo gli oscillatori UV.

In questo caso la frequenza della forza impressa è minore di quella di risonanza (w << w0) quindi gli oscillatori vibreranno con ampiezza pressoché uguale per tutte le frequenze (figura 6).

Una carica in vibrazione è un emettitore di radiazione elettromegnetica e secondo una legge dell’elettrodinamica (Wien) una carica che oscilla con ampiezza A emette luce in tutte le direzioni con intensità I proporzionale alla quarta potenza della frequenza.Questo fenomeno prende il nome di diffusione Rayleight

La luce diffusa sarà prevalentemente azzurra poiché la riemissione è proporzionale alla quarta potenza della luce incidente e quindi le frequenze più alte (cioè la radiazione a lunghezza d’onda minore) sono riemesse con maggiore intensità di quelle più basse.

Osservando il sole si ha il fenomeno complementare a quello descritto: lungo il cammino ottico saranno diffuse principalmente le radiazioni di frequenza più alta e quindi lo spettro si intensificherà nelle componenti giallo-rosse.

L’attenuazione dei raggi di alta frequenza durante l’attraversamento di grandi strati di atmosfera è una conseguenza del principio di conservazione dell’energia: l’energia necessaria alla riemissione è fornita dalla luce incidente è poiché a frequenze più alte la riemissione è più intensa sarà maggiore per queste frequenze la quantità di energia tolta alla luce incidente.

 

 

 

 

 

 

 

Trasmittanza

Data una radiazione incidente Iè è definita come la quantità di radiazione luminosa It che attraversa un vetro, nel caso di vetro piano con facce speculari e parallele è valida la relazione derivata dalla legge di Lambert-Beer:

dove R è la riflettività. S lo spessore della lastra e b un coefficiente che dipende dalla natura del materiale.

 

Rifrazione

Nella materia allo stato condensato sotto l’azione della luce incidente ogni oscillatore emette un’onda luminosa, in questo caso tuttavia gli oscillatori sono disposti in maniera ordinata e regolare e quindi le onde emesse interferiscono creando un onda intensa in una precisa direzione e si annullano reciprocamente in tutte le altre direzioni ( interferenza distruttiva)

Esiste una semplice relazione che lega l’indice di rifrazione n all’ampiezza A delle vibrazioni degli oscillatori : quanto maggiore è A tanto più n si discosta dall’unità.

Nei liquidi e nei solidi a temperatura maggiore dello zero assoluto le molecole o gli atomi hanno un proprio moto vibrazionale, inoltre sono sempre presenti irregolarità ed imperfezioni che producono una debole diffusione incoerente (molto più bassa di quella osservata nei gas: nell’acqua ad esempio è 5 volte maggiore che nell’aria anche se nel primo caso si ha una densità 100 volte superiore)

 

Riflessione

Il campo elettrico oscillante del raggio incidente produce una forza sulle cariche nel materiale. La maggior parte di queste cariche (oscillatori) sono troppo pesanti (come ad esempio i nuclei atomici ) o troppo strettamente legate (come gli elettroni degli strati atomici interni ) per vibrare in maniera significativa in risposta al campo generato dalla luce incidente.

Gli elettroni più debolmente legati come quelli degli strati elettronici esterni o gli elettroni liberi di muoversi nella banda di conduzione dei metalli possono vibrare in risposta alle forze elettriche, come abbiamo già visto questi elettroni oscillano alla stessa frequenza della luce incidente.

Tutti gli oscillatori "danzano con la stessa musica il cui ritmo è dato dalla lunghezza d’onda della luce incidente, questa coordinazione causa il fenomeno di un’onda riflessa con un angolo rispetto alla normale alla superficie uguale a quello dell’onda incidente.

Possiamo considerare un sottile strato di oscillatori alla superficie del mezzo riflettente e di spessore pari a per il quale le radiazioni retrodiffuse non si annullano totalmente per interferenza distruttiva ma si compongono per formare un’onda riflessa.

La luce riflessa nonostante sia generata da un fenomeno di riemissione da parte di oscillatori è indipendente dalla frequenza della luce incidente: l’onda riflessa è infatti la somma coerente di un gran numero di riemissioni di singoli oscillatori dal momento che essi non sono disposti casualmente e quindi riemettono all’unisono (questo fatto porta come conseguenza una alta intensità dell’onda riflessa).

In presenza di una radiazione coerente N oscillatori danno una intensità dell’onda riflessa risultante pari ad N2 volte quella emessa dall’i-esimo oscillatore

Sembrerebbe allora che la luce emessa debba essere ricca della componente blu dato che l’intensità della radiazione di ogni oscillatore aumenta fortemente con la frequenza della luce incidente, tuttavia il numero di oscillatori che emettono all’unisono dipende anche dalla frequenza; lo strato da cui si origina la riflessione ha uno spessore pari a circa la metà della lunghezza d’onda incidente, l’area dello strato di oscillatori la cui luce riflessa raggiunge in fase un dato punto P (prima zona di Fresnel) è anch’essa proporzionale alla lunghezza d’onda l.

Come si vede dalla figura 7 la luce riflessa raggiunge in fase il punto P, le radiazioni che provengono da zone della superficie al di fuori della zona di fresnel interferiscono tra loro in maniera distruttiva.

Il numero N di oscillatori che emettono luce all’unisono è proporzionale alla l2, d’altra parte si è visto che l’intensità della luce riflessa è proporzionale a N2.

 


 

Fig. 7

 

Nella equazione di Reyleight il contributo del termine proporzionale alla quarta potenza () alla fine si annulla, od in altre parole a frequenze più alte e cioè a minori lunghezze d’onda corrispondono un minor numero di oscillatori e quindi un piccolo valore di N.

La conseguenza è che l’intensità della luce riflessa è indipendente dalla frequenza della luce. Per questa ragione le nuvole od un foglio di carta appaiono bianchi : la luce solare policromatica riflessa dagli strati superficiali delle gocce d’acqua o delle fibre di cellulosa senza che venga modificata la sua composizione spettrale.

La luce incidendo su di una lastra di vetro viene parzialmente riflessa dalla superfici senza alcuna preferenza per la lunghezza d’onda, la rimanente frazione di luce si propaga nel vetro come onda rifratta e viene in minima parte diffusa per effetto Rayleight.

Durante il suo cammino nel materiale il raggio luminoso viene assorbito per interazione fotone-elettrone.

Un vetro trasparente sarà quindi visibile sia a causa della debole diffusione che delle riflessioni delle superfici.

Opacizzazione

Come si è già accennato se i grani di sostanze incolori hanno dimensioni maggiori della lunghezza d’onda della luce esse appariranno bianche in quanto la luce bianca incidente verrà parzialmente riflessa in tutte le direzioni dello spazio a causa dell’orientamento casuale delle superfici dei grani, poiché nessuno di questi processi è selettivo per una particolare lunghezza d’onda la luce che emergerà dal materiale diffratta in tutte le direzioni farà apparire il materiale bianco.

Il meccanismo della opacizzazione del vetro è quindi la riflessione multipla della luce visibile in grani trasparenti (dotati cioè di risonanze solo nelle regioni infrarossa ed ultravioletta), le dimensioni di questi grani devono essere sufficienti per permettere una serie di riflessioni sulle facce esterne ed interne, quando invece le dimensioni sono << l si ha la situazione simile a quella di un oscillatore isolato con la comparsa dell’effetto Tyndall.

Il fenomeno dello scattering di cristalli dispersi in una matrice vetrosa è stato studiato nel dettaglio. L'equazione generale che descrive questo fenomeno è derivata dalla teoria di Mie ed è valida per la diffrazione di particelle sferiche immerse in un mezzo trasparente:

dove R è l'intensità del raggio diffuso, I0 l'intensità del raggio incidente, N il numero dei punti di scattering per unità di volume , d è il diametro delle particelle, L lo spessore dello strato opacizzato e K è la "scattering cross section".

L'effetto della opacizzazione negli smalti ceramici dipende dagli indici di rifrazione dell'opacizzante (tabella 1) e del mezzo trasparente in cui è immerso, in generale maggiore è la differenza tra i due indici e maggiore è il potere opacizzante.

Tabella 1

Se consideriamo un indice di rifrazione medio per vetri alcalino-silicatici di 1,4-1,45 vediamo che i migliori opacizzanti risultano essere lo SnO2 e lo ZrO2, il biossido di titanio viene utilizzato poco in smalti per ceramica a causa della sua solubilità alle temperature di utilizzo e trova invece largo impiego in smalti per metallo.

Tuttavia a causa del costo elevato della cassiterite (SnO2) e della zirconia (ZrO2) viene oggi utilizzato principalmente lo zircone ZrSiO4.

La cassiterite viene utilizzata in particolari smalti da artistica con fritte ricche di piombo le quali dato l'elevato indice di rifrazione necessitano da parte dell'opacizzante di un valore di n più elevato.

E' stata sviluppata una relazione che mette in relazione l'intensità del raggio diffuso Id con gli indici di rifrazione del mezzo nv e dell'opacizzante no:

 

Mentre V.d.Hulst ha proposto una equazione empirica per il calcolo delle dimensioni ideali di una particella di opacizzante in base agli indici di rifrazione no e nv.

Fig.8

 

 

 

 

 

In figura 8 si vede l'effetto della opacizzazione influisce sull'aspetto superficiale degli smalti: nella immagine centrale a sinistra è mostrata la diffusione del raggio incidente in una cristallina lucida, in questo caso il contributo maggiore è quello del raggio riflesso.

Al centro si ha il caso di una superficie parzialmente cristallizzata (smalto satin) mentre a destra la superficie è completamente rugosa e la diffusione del raggio incidente è massima.

 

Indice di rifrazione

Fig. 9

 

Quando un raggio luminoso penetra in un vetro la radiazione elettromagnetica interagisce con la materia: i fotoni vengono rallentati a causa della interazione con le nuvole elettroniche degli atomi e la velocità dei fotoni C risulta inferiore a quella nel vuoto C0 mentre la direzione di incidenza del raggio forma un angolo a con la normale alla superficie ; la deviazione del raggio è descritta dalla legge di rifrazione della luce (legge di Snell)

 

dove n è detto indice di rifrazione del vetro.

Come vediamo dalla equazione minore è C maggiore è l’indice di rifrazione quindi atomi polarizzabili e di grande numero atomico (e quindi vetri di densità maggiore) avranno un indice di rifrazione maggiore. Questa relazione è ovviamente valida per un raggio luminoso che percorre il cammino inverso, in questo caso quando a = 90° si ha una riflessione totale e l’indice di rifrazione sarà:

é anche detto angolo magico. In effetti non tutta la luce incidente penetra nel vetro ma una certa percentuale viene riflessa, il valore di questa riflessione detto riflettività oscilla dallo 0 al valore calcolato dalla relazione seguente e valido per un raggio incidente perpendicolarmente sulla superficie.

 

è evidente che all’aumentare dell’indice di rifrazione aumenta la riflettività e quindi la brillantezza del vetro; nel caso di un vetro comune n=1,5 e quindi l’angolo magico sarà 42° mentre la sarà 0,04 ( 4% ).

L’indice di rifrazione di una radiazione luminosa che si propaga in un mezzo che non sia il vuoto varia con l’inverso della lunghezza d’onda l , nel caso della luce policromatica dobbiamo definire quindi un’altra proprietà caratteristica dei vetri correlata: la dispersione.

Fig. 10

Per caratterizzare correttamente l’indice di rifrazione di un vetro si utilizzano, secondo le norme DIN 58 925 tre lunghezze d’onda come vediamo in tabella 2 § 6.2a; in passato le lunghezze d’onda caratteristiche erano quattro: le righe blu e rosse dell’idrogeno eccitato e le righe gialle del sodio a 589,3 nm e dell’He a 587,56, oggi tuttavia si preferisce usare la riga blu del Cd a 479,99 nm e l’indice di rifrazione associato è denominato con il simbolo , la riga verde del Hg che determina l’indice di rifrazione principale a 546,07 nm e quella rossa del Cd con la quale viene misurato a 643,85 nm, la dispersione principale è invece definita dalla differenza (tabella 2 § 6.2a)

L’indice della dispersione di un vetro è il numero di Abbe per il quale:

 

Tabella 2

come vediamo dalla tabella esso è correlato con l’indice di rifrazione principale ed inversamente proporzionale alla dispersione principale; nella figura 11 § 6.2b vediamo che un diagramma indice di rifrazione-numero di Abbe è utilizzato per classificare i vetri ottici:

Vetri con basso indice di rifrazione ed alto numero numero di Abbe, maggiore tipicamente di 55, (e quindi con bassa dispersione) vengono chiamati vetri crown mentre quelli con alto indice di rifrazione, basso numero di Abbe, minore di 50, e quindi alta dispersione prendono il nome di vetri flint.

Nel diagramma di figura 11 questi due tipi di vetri, che sono storicamente stati i capostipiti di tutti i vetri ottici, sono denominati con le lettere K ed F.

Vetri di caratteristiche intermedie sono detti crown-flint KF mentre si staccano dal gruppo dei crown vetri che pur avendo bassa dispersione possiedono un indice di rifrazione superiore (l’ indice di rifrazione medio per i crown è di 1,5) e per questa ragione vengono denominati heavy crown SK ed extra heavy crown SSK, ugualmente vetri di alta dispersione che hanno un indice di rifrazione superiore a quello dei vetri flint (n = 1,5) vengono chiamati heavy flint, vetri flint ma con indice di rifrazione inferiore ai valori normali vengono invece chiamati light flint LF ed extra light flint LLF.

Recentemente la ricerca di materiali con migliori proprietà ottiche ha portato alla produzione di vetri con caratteristiche di dispersione e di indice di rifrazione estreme. come vediamo dalla figura essi vengono denominati con le iniziali dell’elemento che entra nella composizione e che determina le caratteristiche ottiche per cui ad esempio un vetro ad altissimo indice di rifrazione e alta dispersione prende la denominazione di Lanthanium-Heavy Flint.

Fraunhofer per primo nel 1838 mise a frutto le caratteristiche dei vetri flint e crown costruendo il doppietto acromatico. Uno dei maggiori problemi negli obbiettivi degli strumenti ottici era costituito dalla aberrazione cromatica: una lente nei confronti della luce si comporta come un prisma di vetro i raggi incidenti non vengono focalizzati in un solo punto in quanto il vetro di cui è fatta la lente ha un indice di rifrazione tipico per ogni lunghezza d’onda della luce e quindi ciascun raggio verrà deviato in maniera leggermente diversa, il risultato sarà un immagine sfuocata e con delle frange colorate ai bordi e ciò ridurrà drasticamente la qualità dell’obbiettivo e il suo potere risolutivo.

Con l’introduzione di due lenti accoppiate, una biconvessa di vetro crown ed una piano concava di vetro flint l’aberrazione positiva indotta dalla prima lente veniva corretta con una aberrazione uguale ma di segno contrario dalla seconda.

Fig. 11§ 6.2b

 

 

Rifrazione specifica

Secondo Lorentz e Lorentz la rifrazione specifica è definita come:

dove r è la densità del vetro, in effetti si preferisce usare la rifrazione molare in quanto essa è una proprietà additiva dei vetri, cioè linearmente proporzionale alla percentuale molare dei singoli componenti

(1)

Dove è il peso molecolare medio, si noti dalla equazione sopra riportata che la rifrazione molare ha le dimensioni di un volume. Il termine rappresenta il volume molare è chiara allora la relazione che c’è tra indice di rifrazione e densità di un vetro.

La rifrazione molare è anche proporzionale alla polarizzabilità atomica a secondo la relazione:

(2)

dove NA è il numero di Avogadro, dalla (2) vediamo che più grande è la polarizzabilità complessiva degli atomi costituenti il vetro e maggiore è il contributo alla rifrazione molare e quindi l’indice di rifrazione n come vediamo dallo studio della funzione (figura 12).

Funzione .

Fig. 12

 

Dal momento che gli anioni hanno una polarizzabilità maggiore dei cationi essi danno il maggior contributo all’indice di rifrazione di un vetro, nei vetri a base di ossidi (come i vetri silicatici) sono gli ioni ossigeno a svolgere questo ruolo.

Combinando le equazioni (1) e (2) si ha

Da questa equazione si vede ancora meglio che più grande è la polarizzabilità a e più piccolo il volume molare e più alto è l’indice di rifrazione.

Mentre la rifrazione molare è stata ottenuta da considerazioni teoriche Gladston e Dale hanno introdotto empiricamente la rifrazione specifica r: e, analogamente una dispersione specifica q: , il numero di Abbe diventa semplicemente: .

 

Birifrangenza

La birifrangenza o doppia rifrazione è un fenomeno scoperto nel 1699 che descrive il comportamento di un’onda elettromagnetica che attraversa un mezzo anisotropo (ne quale cioè le proprietà fisiche dipendono dalla direzione considerata).

Il raggio incidente viene splittato in due componenti che si propagano in diverse direzioni, la velocità di propagazione dipende dalla direzione e le onde rifratte

La struttura "idealmente disordinata" del network garantisce che in un vetro non vi siano orientazioni preferenziali e questo vuol dire che nei confronti dei raggi luminosi tutte le direzioni sono ugualmente favorite. Se tuttavia per qualche motivo si formano queste orientazioni preferenziali (stress meccanici, termici, e addirittura campi elettrici) allora un raggio di luce linearmente polarizzato viene "splittato" in due componenti vibranti su piani mutuamente perpendicolari ed aventi velocità differenti. Quando il raggio luminoso emergerà dal vetro si noterà una differenza di fase d tra le due componenti che, ad un distanza d, darà luogo al fenomeno della birifrangenza .

 

Metodi di misura dell’indice di rifrazione

Deflessione di un raggio luminoso

E’ il metodo di misura più conosciuto: il vetro viene formato in un prisma e quindi sottoposto a ricottura per eliminare gli eventuali stress, il prisma deve avere l’angolo tra i piani di circa 60° e si misura l’angolo j tra il raggio emergente deflesso e il prolungamento del raggio incidente. (Figura 13).

Fig.13

 

Metodo del rifrattometro

Con questo metodo si sfrutta il principio della riflessione totale: un campione di vetro con superfici piane e perfettamente polite viene posto a contatto con il prisma del rifrattometro interponendo un liquido ad alto indice di rifrazione, ruotando quindi il prisma analizzatore si misura l’angolo b per il quale i raggi incidenti sono totalmente riflessi, l’indice di rifrazione sarà dato da .

Misura della birifrangenza

Un fascio di luce è fatto passare attraverso un primo analizzatore (una lastra polaroid che polarizza la luce secondo una precisa direzione di vibrazione), quindi attraverso il campione (una lastra di vetro di spessore costante e priva di stress) ed infine analizzato con un secondo analizzatore polaroid che polarizza la luce in una direzione ruotata di 90° rispetto al primo polarizzatore. In termini mineralogici si direbbe che il vetro viene analizzato ai "nicol incrociati"; un vetro perfettamente "isotropo" cioè senza orientazioni preferenziali apparirà completamente oscuro, se invece è presente birifrangenza verranno osservate delle macchie ed aloni colorati (colori di interferenza) la cui intensità sarà approssimativamente proporzionale alla differenza di fase, in questo modo si possono eseguire analisi semiquantitative utili per l’analisi di stress residui nei vetri.

Per analisi più accurate vengono interposti al cammino ottico tra il primo analizzatore ed il campione dei compensatori, cunei di mica, calcite o quarzo la cui birifrangenza è tarata per ogni posizione del prisma compensatore. Muovendo i compensatori perpendicolarmente al cammino ottico dei raggi luminosi si può variare in maniera continua e conosciuta la birifrangenza finché questa non compensa la birifrangenza del vetro e quest’ultimo non appare perfettamente oscuro. La birifrangenza impostata con il compensatore sarà quindi uguale e di segno opposto a quella del vetro campione.

 

 

 

Dipendenza dalla composizione

 

In un vetro di silice pura SiO2 sono presenti solo ossigeni a ponte, cioè fortemente legati alla struttura del network continuo, questo produce come conseguenza una bassa polarizzabilità degli atomi costituenti il vetro e quindi un indice di rifrazione relativamente basso (n = 1,4589).

Nel sistema alcalino-silicatico (figura 14§ 6.3a) il numero degli ossigeni non a ponte presenti nella struttura è superiore a causa della presenza di ioni "network modifier" e poiché gli ossigeni non a ponte hanno una maggiore polarizzabilità si osserva un aumento dell’indice di rifrazione all’aumentare del contenuto di ossidi alcalini nel vetro.

Nel determinare l’indice di rifrazione di un vetro non c’è solo la polarizzabilità a giocare un ruolo importante ma va tenuto conto anche dell’influenza del volume molare, se osserviamo attentamente la figura 14 notiamo che l’incremento dell’indice di rifrazione all’aumentare della concentrazione di Li2O è assai maggiore che non quello relativo al K2O ed al Na2O, e che anzi è anomalo rispetto alla forza di campo dello ione litio, superiore a quella degli altri ioni alcalini,e che dovrebbe portare ad una coordinazione più forte degli ossigeni non a ponte riducendone in definitiva la polarizzabilità.

In effetti se osserviamo come varia il volume molare in funzione della percentuale molare in sistemi alcalino-silicatici (figura 15) notiamo che in questo caso la situazione è invertita rispetto alla figura 14: per il litio abbiamo rispetto agli altri alcalini addirittura una leggera diminuzione del volume molare con l’aumentare della concentrazione e questo si riflette in un netto aumento dell’indice di rifrazione.

Fig.14 § 6.3a

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 15

 

Il sistema policomponente (figura 16§ 6.3b) è ancora più complicato, anche in questo caso l’indice di rifrazione dei vetri è il risultato dell’equilibrio tra la polarizzabilità degli ioni componenti (soprattutto gli ) ed il volume molare: il comportamento dei vetri con MgO è determinato ad esempio dall’aumento del volume molare all’aumentare della concentrazione di MgO e dalla tendenza di questo ione a funzionare da formatore di reticolo.

Un caso a parte è costituito dallo ione Pb2+; come abbiamo già visto esso ha una alta polarizzabilità a causa degli elettroni negli orbitali s del guscio esterno e questo unito al fatto che il volume molare è inversamente proporzionale alla quantità di piombo aggiunto al vetro fa si che l’indice di rifrazione aumenti. Poiché il piombo può essere aggiunto ad un vetro a base di silice anche in alte concentrazione (fin oltre il 70% molare) è evidente che fino all’avvento dei vetri speciali a base di ossidi delle terre rare fossero i vetri al piombo quelli con maggior indice di rifrazione e dispersione. Nei cristalli commerciali la percentuale di piombo arriva al 30% in peso conferendo la brillantezza (dovuta all’alto indice di rifrazione) e quella cangianza (dovuta all’alta dispersione) che tutti apprezziamo.

Nel diagramma di destra della figura 16 osserviamo che l’introduzione di quantità crescenti di Al2O3 nel sistema sodio-silicatico non producono incrementi evidenti nell’indice di rifrazione: questo è dovuto al fatto che si forma la specie [AlO4]- la quale tende a coordinare i cationi modificatori Na+, l’effetto complessivo è quindi quello di eliminare dalla struttura ossigeni non a ponte responsabili dell’aumento dell’indice di rifrazione, d’altro canto con l’introduzione di Al2O3 il volume molare non subisce significative variazioni.

Quando tuttavia il rapporto molare tra Al3+ e Na+ supera l’unità, lo ione alluminio assume la coordinazione 6 ([AlO6]) comportandosi a sua volta come un modificatore di reticolo e determinando un incremento dell’indice di rifrazione.

Nel caso dell’anidride borica B2O3 c’é da dire che l’andamento dell’indice di rifrazione è influenzato soprattutto dalla diminuzione del volume molare all’aumentare della concentrazione dovuto al passaggio da una struttura aperta influenzata dalle unità trigonali del boro sp2 alla coordinazione 4 delle unità [BO4].

 

 

 

 

Fig. 16§ 6.3b

 

 

Modelli matematici

La rifrazione è come abbiamo visto una proprietà additiva, Appen e successivamente Ledererova hanno proposto dei modelli che si basano su questo principio (figura 17 § 6.4).

Fig. 17

 

Fig. 18

 

 

Nel modello di Appen n è l’indice di rifrazione e d la dispersione mentre nel modello di Huggins-Sun si è trovato che è meglio utilizzare la rifrazione specifica r perché essa possiede migliori requisiti di additività rispetto ai componenti, con la relazione di Gladston e Dale si risale poi all’indice di rifrazione. Q e n rappresentano infine la dispersione principale ed il numero di Abbe.

In figura 18 § 6.5 sono riportati i fattori proposti dagli autori per una serie di ossidi componenti i sistemi vetrosi..

Con forte approssimazione Told ha proposto la seguente relazione empirica tra indice di rifrazione e densità del vetro conducendo centinaia di test su i più comuni vetri commerciali.(La relazione è valida nel 95 ± 2 % dei casi).

 

 

 

 

Dipendenza dalla temperatura

L’influenza dei cationi sugli ioni O2- diventa sempre minore all’aumentare della temperatura, per questa ragione la polarizzabilità e di conseguenza l’indice di rifrazione crescono poco con la temperatura.

L’indice di rifrazione dipende sia dalla rifrazione molare che dalla densità quindi dobbiamo differenziare n sia rispetto alla temperatura T che alla densità r :

 

dove b è il coefficiente cubico di espansione. In questo caso rappresenta la dipendenza dell’indice di rifrazione dalla temperatura a densità costante, esso dipende solo dalla rifrazione molare e quindi dalla polarizzabilità. Per quello che si è detto prima la polarizzabilità cresce poco con la temperatura e il coefficiente è positivo, n cresce anche all’aumentare della densità e quindi anche il coefficiente è positivo; dal momento che i due coefficienti hanno valori simili e nella equazione precedente sono presenti come una differenza può avere valori positivi o negativi (n può aumentare o diminuire) all’aumentare della temperatura.

In vetri comuni n di solito aumenta leggermente con la temperatura per poi subire un brusco abbassamento nei pressi della temperatura di trasformazione vetrosa (figura 19).

Fig.19

 

L’indice di rifrazione dipende anche dalla storia termica del vetro, il brusco cambiamento che l’indice di rifrazione subisce alla temperatura Tg è in relazione alle trasformazioni strutturali e, come si è visto, queste richiedono un certo tempo, quindi l’indice di rifrazione diviene anche dipendente dal tempo.

 

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